Passa ai contenuti principali

Ndrangheta Stragista: la verità della Cassazione oltre la narrazione mediatica

“'Ndrangheta stragista”: la Cassazione parla, ma il racconto pubblico semplifica

di Girolamo Giovanni Fazzari


Lettura semplificata e rischio disinformazione

Il 17 aprile 2025, numerose testate giornalistiche hanno pubblicato articoli dedicati alle motivazioni della sentenza della Cassazione nel processo "'Ndrangheta stragista". Titoli decisi, linguaggio assertivo, struttura narrativa che pare riecheggiare più un comunicato della Direzione Distrettuale Antimafia che il testo di una Suprema Corte.

Hanno riportato con enfasi la frase: “Regge la causale sulla strategia stragista”. Tuttavia, la sentenza della Cassazione offre una lettura ben più articolata e critica, spesso ridotta a slogan o semplificazioni fuorvianti. Non si tratta di un'adesione piena all'impianto accusatorio, ma di un giudizio complesso, fatto di conferme parziali, rilievi severi e inviti a un riesame rigoroso. In un contesto così delicato, la disinformazione è un rischio concreto: è per questo che leggere le motivazioni è un atto di responsabilità civile e giuridica.

Chi invece si è preso il tempo di leggere con attenzione le 33 pagine della sentenza n. 14838/2025, depositata il 15 aprile, si trova davanti a una prospettiva ben più complessa e sfumata. Una sentenza che conferma la partecipazione dell'imputato all'associazione mafiosa ma demolisce l'impianto motivazionale relativo all'agguato ai carabinieri Fava e Garofalo, disponendo l'annullamento con rinvio della condanna all'ergastolo.

“Strategia stragista”: il punto della Cassazione

È vero: la Suprema Corte ritiene che la cosiddetta "strategia stragista condivisa" tra Cosa Nostra e 'Ndrangheta sia un’ipotesi astrattamente sostenibile. Ma ciò che manca, e che la Corte segnala con forza, è la prova specifica del mandato omicidiario. Non basta il contesto storico, né la matrice mafiosa, né la condivisione ideologica. Occorrono fatti concreti, gravi, precisi, concordanti. E qui, secondo i giudici, il ragionamento della Corte d'appello di Reggio Calabria vacilla.

Dichiarazioni dei collaboratori: attendibilità compromessa

La Cassazione dedica ampio spazio alla valutazione delle dichiarazioni di Lo Giudice e Villani. Ne evidenzia le contraddizioni, le ambiguità, l'insufficienza logica del trattamento ricevuto dalla Corte d'assise d'appello, la quale si sarebbe limitata a richiamare il primo grado senza confrontarsi con le obiezioni delle difese.

La forza del dubbio, la dignità della prova

Il nuovo processo d'appello, che si svolgerà davanti a una diversa sezione della Corte reggina, dovrà ripartire da qui. Dalla necessità di dimostrare ciò che finora non è stato dimostrato: che Graviano e Filippone abbiano avuto un ruolo attivo e consapevole nel deliberare l'attacco ai carabinieri Fava e Garofalo. Non una valutazione ideologica, ma una prova precisa. Come prescrive il diritto, come pretende la giustizia, come richiede la logica.

Conclusione

Il processo "'Ndrangheta stragista" non si chiude, ma cambia volto. E con esso, forse, anche il racconto. In un’epoca in cui il rischio di deformazione mediatica è elevato, leggere le motivazioni diventa un esercizio di consapevolezza critica e giuridica.

📎 Per leggere l'articolo sull'annullamento con rinvio pubblicato l'11 aprile, clicca qui.

Commenti

Analisi più Letti

Confisca per equivalente Sezioni Unite: confisca diretta solo con prova del nesso causale

‘Ndrangheta Stragista: la Cassazione annulla le condanne all’ergastolo per Graviano e Filippone e dispone un nuovo processo d’appello

La Corte Costituzionale dice no a chi ne ha davvero bisogno