Detenzione in spazi ridotti.
La Cassazione ribadisce i criteri di computo dello spazio minimo vitale
Introduzione
Con la sentenza n. 12849 del 3 aprile 2025, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato il tema delle condizioni detentive e della tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, ribadendo il principio per cui, ai fini della valutazione del rispetto dell'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, occorre considerare esclusivamente la superficie realmente disponibile al movimento all'interno della cella.
La vicenda
Un detenuto aveva presentato reclamo ex art. 35-ter ordinamento penitenziario lamentando la detenzione in condizioni inumane e degradanti presso il carcere di Padova, con riferimento al periodo tra agosto 2021 e dicembre 2022. Il Tribunale di sorveglianza aveva respinto il reclamo, ritenendo che la presenza di letti amovibili consentisse di non scomputare lo spazio da essi occupato nella valutazione della metratura disponibile.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto che l'ingombro dei letti singoli non debba essere scomputato dalla superficie a disposizione di ciascun detenuto, perché i letti in questione sono amovibili, sono anche "incastellabili" a scelta dei detenuti ospitati nella cella, ed anzi l'incastellamento, liberando lo spazio occupato da uno dei due letti, avrebbe consentito ai detenuti di fruire di maggior spazio disponibile nella cella; la circostanza che il ricorrente ed il compagno di cella abbiano deciso di non incastellarli e li abbiano tenuti entrambi sul pavimento della cella è dipesa da una loro libera scelta, da cui non si possono far derivare conseguenze sull'amministrazione penitenziaria.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del detenuto, affermando che, anche se i letti non sono ancorati al suolo, il loro ingombro limita comunque il movimento all'interno della cella. Lo spazio calpestabile va dunque misurato detraendo l’area occupata dagli arredi, indipendentemente dalla loro amovibilità.
Richiamando precedenti decisioni e i principi stabiliti dalla CEDU (caso Mursic c. Croazia, 2016), la Corte ha ribadito che una metratura inferiore ai 3 metri quadrati per detenuto integra una forte presunzione di violazione dell'art. 3 CEDU, salvo la presenza di fattori compensativi, come la possibilità di trascorrere molte ore all’aperto.
"Il collegio ritiene di dare continuità all'orientamento espresso più volte da diverse pronunce recenti di questa Sezione, secondo cui l'ingombro del letto singolo, pur se amovibile, deve essere scomputato dalla superficie della cella a disposizione del detenuto. Si tratta, infatti, di arredo, che, sebbene non fissato sul pavimento, non è suscettibile, per il suo ingombro o peso, di facile spostamento da un punto all'altro della cella e, pertanto, compromette il movimento del detenuto al suo interno (Sez. 1, n. 11207 del 08/02/2024, Barone, Rv. 286126-01; Sez. 1, n. 21495 del 20/12/2022, dep. 2023, Monaco, Rv. 284701-01; Sez. 1, n. 21494 del 20/12/2022, dep. 2023, Bonnici, Rv. 284700-01; da ultimo, Sez. 1, Sentenza n. 41735 del 08/10/2024, Romdhani, n.m.). In questi pronunciamenti si è evidenziato che, pur se le Sezioni Unite nella sentenza n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433-02, non si sono espresse specificamente sulla computabilità della superficie occupata dal letto singolo, non fissato al suolo, nello spazio individuale minimo di tre metri quadrati per detenuto, esse hanno comunque fissato il principio generale secondo cui, nel calcolo dello spazio individuale minimo, deve essere considerata soltanto la superficie che assicura il normale movimento nella cella. L'ordinanza impugnata non resiste, pertanto, alle censure che le sono state rivolte e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto, in cui dovrà essere valutata l'eventuale esistenza dei fattori compensativi che comportino la possibilità di superare la forte presunzione di violazione dell'art. 3 CEDU che deriva dalla costrizione di un detenuto in uno spazio inferiore a 3 metri quadrati in una cella collettiva, secondo la sistematica della pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo 20/10/2016, Mursic c. Croazia, e della già richiamata sentenza Commisso delle Sezioni Unite di questa Corte."."
La pronuncia evidenzia l’importanza di criteri rigorosi nella valutazione delle condizioni detentive, a tutela della dignità umana. Per gli operatori giuridici, si tratta di un'importante conferma dell'obbligo di considerare solo gli spazi realmente fruibili ai fini del movimento, senza artificiose esclusioni derivanti dalla collocazione di arredi mobili.
Il rispetto dei parametri stabiliti dalla CEDU assume rilievo anche ai fini del riconoscimento di rimedi risarcitori per detenzione inumana, consolidando il ruolo della giurisprudenza nazionale nella protezione effettiva dei diritti dei detenuti.
La sorveglianza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
La situazione delle carceri Italiane è monitorata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, a seguito della condanna inflitta all'Italia nella sentenza "Torreggiani e altri c. Italia" dell'8 gennaio 2013. Il Comitato vigila sull'effettività delle misure correttive adottate per superare il problema strutturale del sovraffollamento carcerario, mantenendo alta l'attenzione sulle condizioni di detenzione nel nostro Paese.
Commento operativo
Alla luce della recente giurisprudenza, i detenuti attualmente ristretti possono proporre reclami ai sensi dell'art. 35 O.P. per denunciare condizioni degradanti. In caso di rigetto, possono proporre reclamo ex art. 35-bis O.P. davanti al Tribunale di Sorveglianza. Gli ex detenuti, invece, entro sei mesi dalla cessazione della pena, possono agire ex art. 35-ter, comma 3, O.P. mediante ricorso civile assistiti da un difensore munito di procura speciale, valorizzando le più recenti pronunce della Corte di Cassazione e della Corte EDU.
Conclusione
La sentenza n. 12849/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un ulteriore tassello nella costruzione di un sistema penitenziario rispettoso dei principi costituzionali e sovranazionali. Essa richiama l'inderogabile obbligo per l'amministrazione penitenziaria di garantire condizioni dignitose e conformi ai diritti fondamentali della persona, riaffermando che la tutela dei diritti umani non può mai essere sacrificata sull'altare della gestione carceraria.
Riferimenti Normativi
- Costituzione italiana, art. 27, comma 3
- Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 3
- D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, Ordinamento Penitenziario
- Corte EDU, sentenza Mursic c. Croazia, 20 ottobre 2016
- Corte EDU, sentenza Torreggiani e altri c. Italia, 8 gennaio 2013
- Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza n. 12849/2025
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Il Confiteor penitenziario: opacità e scelte che alimentano la violenza in carcere
Scarica i modelli di istanza e reclamo:
Istanza ex art. 35 O.P. – Reclamo al Magistrato di Sorveglianza (formato Word)
Reclamo ex art. 35-bis O.P. – Tribunale di Sorveglianza (formato Word)
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