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Lo Stato in allerta: leggere tra le righe della paura. Cosa raccontano i 39 articoli del DL Sicurezza 2025

DL Sicurezza 2025: radiografia di uno Stato in trincea Decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48 Capo I Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata, nonché in materia di beni sequestrati e confiscati e di controlli di polizia Analisi dell’Articolo 1 Articolo 1 – Introduzione dell'articolo 270-quinquies.3 e modifica all'articolo 435 del codice penale Contenuto normativo L’articolo 1 introduce nel codice penale l’articolo 270-quinquies.3 e modifica l’articolo 435. Entrambi riguardano reati legati al terrorismo e alla sicurezza pubblica. Il nuovo   art. 270-quinquies.3   verosimilmente punisce atti preparatori e condotte prodromiche all’esecuzione di atti terroristici. Non si tratta solo di chi compie l’atto, ma anche di chi si forma, si addestra o partecipa a reti che possano sfociare in terrorismo. L’art.   435 c.p. , invece, viene aggiornato per estendere la punibilità in tema di esplosivi, rendendo più facile colpire condotte p...

Il Confiteor penitenziario: opacità e scelte che alimentano la violenza in carcere

 Le condizioni disumane e il grido di denuncia dal cuore delle carceri italiane

Detenuti con le braccia fuori dalle sbarre: una scena che richiama l'urgenza di affrontare le violenze, le opacità e il degrado del sistema penitenziario

Introduzione

La condizione carceraria, da sempre specchio della civiltà giuridica di un Paese, evidenzia ancora oggi profonde contraddizioni. In Italia, il tema della violenza nelle carceri riemerge con forza, spingendo a interrogarsi sulle opacità gestionali e sulle scelte politiche e amministrative che, anziché garantire il rispetto dei diritti fondamentali, finiscono per facilitare abusi e brutalità. Il cosiddetto "Confiteor penitenziario" — una sorta di pubblica confessione collettiva delle criticità del sistema — chiama in causa la responsabilità morale e giuridica delle istituzioni.

Le cause della violenza carceraria

La violenza che esplode all'interno degli istituti penitenziari non è frutto del caso, ma spesso:

  • Consegue alla gestione opaca dei reparti e degli interventi disciplinari;

  • È alimentata da scelte legislative o amministrative sconsiderate, come il sovraffollamento non affrontato e la carenza cronica di personale formato;

  • Si amplifica in contesti dove mancano trasparenza, controllo esterno indipendente e cultura del rispetto dei diritti umani.

A questi fattori si aggiungono pratiche devianti consolidate, talora tollerate o minimizzate, che rendono difficile l'emersione degli episodi di abuso.

I casi emblematici e le responsabilità istituzionali

Gli ultimi anni hanno visto emergere inchieste e procedimenti penali che hanno messo in luce:

  • Episodi sistematici di tortura e trattamenti inumani o degradanti (ad esempio, i noti casi di Santa Maria Capua Vetere o San Gimignano);

  • Reticenze e insabbiamenti da parte di vertici istituzionali;

  • La difficoltà strutturale di garantire un controllo effettivo e una responsabilizzazione di chi è chiamato a dirigere gli istituti penitenziari.

La denuncia di queste opacità configura non solo un problema etico e politico, ma anche una violazione degli obblighi internazionali derivanti, ad esempio, dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), che vieta torture e trattamenti inumani.

Gli strumenti normativi inadeguati e le riforme mancate

Le recenti riforme penitenziarie, pur importanti sulla carta, hanno avuto difficoltà di attuazione concreta. Persistono:

  • L'assenza di un efficace meccanismo di prevenzione nazionale indipendente;

  • La mancanza di programmi sistematici di formazione sul rispetto dei diritti umani per la polizia penitenziaria;

  • Insufficienti garanzie procedurali in caso di denunce da parte dei detenuti.

Il "Confiteor" di fronte a queste criticità consiste, dunque, nella presa d'atto che molte scelte — o non-scelte — hanno contribuito a un sistema incapace di prevenire la violenza.

Conclusione

Il "Confiteor penitenziario" non deve essere una confessione fine a se stessa, ma deve tradursi in azioni concrete:

  • Rafforzamento dei controlli esterni;

  • Formazione obbligatoria sui diritti umani;

  • Politiche reali contro il sovraffollamento;

  • Piena attuazione delle norme internazionali.

La dignità della persona privata della libertà personale rimane il metro insostituibile per misurare il grado di civiltà di un sistema penale. Non agire significherebbe rendersi complici di un degrado annunciato.

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